Inquinamento marino, 3 miliardi per Clean Oceans Initiative 2.0

Inquinamento marino, 3 miliardi per Clean Oceans Initiative 2.0

Alla Conferenza ONU sugli Oceani a Nizza, le principali Banche di Sviluppo di tutto il mondo fissano un nuovo traguardo per il periodo 2026-2030 al fine di contrastare la dispersione di plastica nei mari

La Banca Asiatica di Sviluppo ADB si unisce come nuovo partner regionale per rafforzare le iniziative in Asia

Tra gli obiettivi una maggiore focus su prevenzione, economia circolare e sviluppo di alternative sostenibili alla plastica. Prevista anche l’introduzione di indicatori scientifici per misurare l’impatto dei progetti

 

Tre miliardi di euro per salvare gli oceani dall’inquinamento. Con questo nuovo impegno finanziario, sei Banche di Sviluppo hanno lanciato oggi la Clean Oceans Initiative 2.0 (COI 2.0), una versione ampliata e rinnovata della grande alleanza multilaterale nata per ridurre drasticamente l’inquinamento da plastica nei mari di tutto il Pianeta, in particolare dai rifiuti plastici.

In occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani a Nizza, Cassa Depositi e Prestiti (CDP), la francese lAgence Française de Développement (AFD), la tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), insieme alla Banca Asiatica di Sviluppo (ADB) che si unisce come partner, hanno fissato un nuovo obiettivo di finanziamento per il periodo 2026–2030 per la COI 2.0.

Secondo le Nazioni Unite, senza un’inversione di tendenza, i rifiuti plastici che ogni anno finiscono negli ecosistemi acquatici potrebbero triplicare entro il 2040, passando dagli attuali 11 milioni di tonnellate a una stima tra 23 e 37 milioni di tonnellate annue.

La seconda fase dell’iniziativa rappresenta la risposta della comunità finanziaria internazionale a questa emergenza. COI 2.0 continuerà a concentrarsi sulla riduzione dei rifiuti nei mari, rafforzando il proprio impatto grazie a una maggiore attenzione alla prevenzione e al sostegno a soluzioni di economia circolare, inclusi progetti per lo sviluppo di alternative alla plastica. Tra gli obiettivi futuri, anche quello di misurare l’impatto attraverso indicatori scientificamente affidabili e facilmente replicabili, in particolare nell’ambito della prevenzione dell’inquinamento da plastica.

Questo nuovo ciclo si concentrerà principalmente su progetti nelle aree costiere, con particolare attenzione ad Asia, Africa e America Latina, dove la gestione dei rifiuti e delle acque nelle grandi aree fluviali resta una sfida critica. In particolare, l’Asia, da cui proviene una quota significativa della plastica dispersa negli oceani, sarà tra le aree prioritarie di intervento. L’ingresso dell’ADB contribuirà infatti a intensificare i progetti e le azioni su scala regionale.

Lanciata nel 2018 e prorogata nel 2022, la prima fase di Clean Oceans Initiative ha raggiunto traguardi significativi: a maggio di quest’anno, con sette mesi di anticipo, ha totalizzato 4 miliardi di euro in finanziamenti a lungo termine per progetti pubblici e privati mirati alla riduzione della plastica, delle microplastiche e di altri rifiuti in mare, grazie al miglioramento della gestione dei rifiuti solidi, delle acque reflue e delle acque meteoriche1.

Tra le iniziative già finanziate nell’arco dei sette anni che hanno caratterizzato il primo ciclo dell’iniziativa vi sono il miglioramento del trattamento delle acque reflue in Sri Lanka, Cina, Egitto e Sudafrica; la gestione dei rifiuti solidi in Togo e Senegal; e interventi di protezione dalle inondazioni in Benin, Marocco ed Ecuador.

Contesto
Gli oceani sono fondamentali per la vita sulla Terra: forniscono cibo, reddito, regolano il clima e offrono risorse naturali a miliardi di persone. Assorbono circa il 30% delle emissioni globali di anidride carbonica, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico.
L’inquinamento da plastica minaccia gli ecosistemi marini e i mezzi di sussistenza di milioni di persone. La maggior parte delle materie plastiche che finiscono in mare provengono da una cattiva gestione dei rifiuti a terra, spesso trasportati dai fiumi a causa dell’insufficienza dei sistemi di raccolta e trattamento, soprattutto nelle città in rapida crescita. Ogni anno affluiscono negli oceani circa 1,5 milioni di tonnellate solo di microplastiche, oltre il 10% del totale.

 

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 Acque provenienti da pioggia, neve o altre forme di precipitazione.

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