Decarbonizzare l’industria italiana: quale ruolo per l’idrogeno verde? | CDP

Decarbonizzare l’industria italiana: quale ruolo per l’idrogeno verde?

Quali sono le possibili applicazioni dell’idrogeno verde? Quale contributo può dare alla decarbonizzazione dell’industria italiana? Quali sono gli ostacoli più significativi alla sua diffusione? Quali sono le opzioni di policy principali per alimentarne la crescita del mercato?

Il documento analizza lo stato del mercato dell’idrogeno verde, cioè prodotto da fonti rinnovabili, esaminandone barriere e leve per lo sviluppo ed evidenziandone il potenziale allo scopo di rispondere alle sfide della transizione ecologica, in particolare per contribuire alla decarbonizzazione del comparto industriale.

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  • Negli ultimi anni l’idrogeno ha assunto una rilevanza crescente nel dibattito energetico e industriale, in virtù della flessibilità e versatilità con cui può contribuire alla decarbonizzazione dell’economia.
  • Ad oggi l’idrogeno è prodotto quasi esclusivamente utilizzando fonti fossili ed è impiegato prevalentemente come materia prima non energetica nella raffinazione petrolifera e nella chimica.
  • La strategia europea sull’idrogeno, il pacchetto Fit-for-55, la Comunicazione REPowerEU e i fondi NextGenerationEU hanno dato notevole slancio alle prospettive di sviluppo dell’idrogeno verde, con obiettivi molto ambiziosi al 2030.
  • Tuttavia, l’idrogeno risente di un’efficienza di conversione limitata: l’energia prodotta è pari a circa il 60% di quella immessa. L’impiego di idrogeno verde dovrebbe, quindi, essere orientato principalmente alle applicazioni per cui un utilizzo diretto dell’energia elettrica non è ad oggi possibile.
  • Attualmente, l’idrogeno verde potrebbe offrire il contributo maggiore alla decarbonizzazione se usato nei settori industriali hard-to-abate, cioè i comparti dove l’elettrificazione è tecnicamente non percorribile o economicamente poco vantaggiosa e che in Italia rappresentano l’85% dei consumi di gas naturale dell’industria.
  • Se in Italia si volesse già soddisfare l’attuale domanda di idrogeno con idrogeno verde e sostituire un quinto dell’attuale consumo di gas da parte dell’industria italiana, si stima un fabbisogno addizionale di potenza da fonti rinnovabili tra i 25 e i 30 GW, equivalente a circa il 50% dell’attuale capacità rinnovabile installata in Italia.
  • Si tratta di valori molto elevati, il cui conseguimento è ostacolato da molteplici barriere, tra cui soprattutto i costi di produzione ben più elevati rispetto alle fonti fossili che dovrebbero sostituire e una domanda di mercato ancora molto ridotta, in assenza di incentivi e obblighi minimi.
  • Nello sviluppo del mercato dell’idrogeno, l’Italia gode di punti di forza rispetto ai principali peer europei:
    • un sistema manifatturiero ai primi posti nell’UE per produzione di tecnologie termiche e meccaniche convertibili all’idrogeno;
    • una rete del gas capillare, in parte importante riadattabile facilmente al transito dell’idrogeno;
    • la crescente produzione di energie rinnovabili e lo sviluppo del biometano rendono l’idrogeno facilmente integrabile nel sistema energetico;
    • una posizione geografica strategica come hub energetico, per i flussi provenienti dal Nord Africa, come previsto anche dalla programmazione UE di sviluppo delle infrastrutture dell’idrogeno.
  • Per cogliere queste opportunità è fondamentale l’adozione di adeguate policy per completare il contesto regolatorio necessario a favorire un utilizzo maggiore dell’idrogeno verde, quali:
    • l’elaborazione di una strategia nazionale che indirizzi gli sforzi verso il consolidamento della filiera e il perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione;
    • l’implementazione di meccanismi di incentivazione per la produzione di idrogeno verde, che si affianchino a quelli già previsti dal PNRR, così da colmare il gap di costo rispetto alle fonti fossili;
    • semplificare i processi autorizzativi e accelerare l’attuazione delle misure previste nel PNRR;
    • proseguire sulla strada già intrapresa di sostegno alle attività di ricerca e innovazione e sviluppo industriale, a partire dagli IPCEI.
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